“Accogliamo sempre con favore le iniziative volte alla reintroduzione o al ripopolamento di specie autoctone, ma nutriamo perplessità sulla bontà del progetto che si prefigge la reintroduzione del Francolino nero annunciato a mezzo stampa e social dal commissario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia”. A parlare è Domenico Portale, presidente dell’Associazione Caccia Sport e Natura, che ha conferito mandato all’avvocato Fabio Cantarella al fine di accedere agli atti e attingere informazioni utili stante che sul portale dell’istituto non è presente alcuna documentazione in merito.
“Non siamo convinti della opportunità nonché dell’efficacia dell’azione annunciata in modo generico dal commissario dell’istituto – riprende Domenico Portale – in primis perché in letteratura, numerosi autori, ritengono il Francolino nero appartenente a una specie alloctona, in quanto non originaria dell’Isola, ma in realtà introdotta dall’uomo nel XIII secolo. Specie scomparsa dalla Sicilia intorno alla metà del XIX secolo, presumibilmente, perché non in grado di adattarsi alle modifiche ambientali attuate dall’uomo in quel secolo (su tutte le bonifiche)”.
E a tal proposito, l’associazione Caccia Sport e Natura chiede di sapere se sugli esemplari che saranno utilizzati per la reintroduzione della specie siano stati eseguiti esami al fine di garantire che si tratti di esemplari autoctoni così da “scongiurare il rischio di introdurre l’ennesima specie alloctona nell’ambiente, con tutte le disastrose conseguenze a cui abbiamo assistito tante volte in passato”.
C’è anche il timore, da parte dell’associazione, di possibili ripercussioni negative sull’equilibrio ambientale: “siamo certi – chiede ancora Domenico Portale – che la specie che s’intende reintrodurre non entrerà in competizione con altre presenti nel territorio dell’Isola ed in particolare con la Coturnice siciliana (Alectoris Graeca Whitakeri) specie, questa sì, di elevato interesse faunistico e la cui distribuzione sul territorio è tutt’altro che ottimale dato che sono già stati riscontrati casi di estinzione localizzata?”.
Il presidente Domenico Portale, in un momento in cui gli enti pubblici fanno i conti con esigue risorse, pone l’attenzione anche sul rischio che si sprechi del denaro pubblico: “Confutati i dubbi che abbiamo posto sopra, ci chiediamo poi se e quali procedure siano state previste al fine di garantire un’accettabile percentuale di successo in termini di sopravvivenza e successiva riproduzione, da parte di esemplari provenienti da allevamenti e quindi certamente incapaci di sopravvivere in un ambiente naturale, anche solo per procacciarsi il cibo e sottrarsi ai predatori presenti. E ciò anche alla luce del fatto che nell’ultimo secolo il territorio agricolo dell’Isola ha subito profonde trasformazioni in termini di tipi e modalità di coltivazione, con la conseguenza che anche una specie “autoctona” presente in passato potrebbe non essere più in grado di adattarsi o al contrario potrebbe avere una crescita abnorme con gravi ripercussioni su le altre specie presenti. Vale per tutti l’esempio, anche se con i dovuti distinguo, della reintroduzione del cinghiale che sta creando enormi danni all’ambiente siciliano”. Infine, il presidente Domenico Portale chiede di capire se ed eventualmente come mai non si sia invece investito in progetti volti a portare a livelli ottimali, specie già presenti, come la già citata Coturnice siciliana.